La lotteria
Il racconto di Shirley Jackson intitolato La lotteria ricorda da vicino, per la fama che lo
circonda, la famigerata lettura radiofonica della Guerra dei Mondi di Orson Welles. Fama non
immeritata, giacché la pubblicazione sul «New Yorker», nel 1949, scatenò un pandemonio.
Molti lo presero alla lettera, reagendo all’istante e poi per lungo tempo con missive indignate
o atterrite alla redazione. Certe cose non potevano, non dovevano succedere. Eppure la
storia si presenta in tutta innocenza quale pura e semplice descrizione della lotteria che si
svolge nell’atmosfera pastorale, quasi idilliaca, di un villaggio del New England in un luminoso
mattino di giugno – come ogni anno da tempo immemore. Ma giunto al termine di questo
racconto, come degli altri che compongono l’intensa silloge qui proposta, il lettore scoprirà da
sé, in un crescendo di «brividi sommessi e progressivi» – come diceva Dorothy Parker –, che
cosa li rende dei classici del terrore. Secondo un altro illustre ammiratore della Jackson, oltre
che maestro del genere, Stephen King, lo sono perché «finiscono con una svolta che porta
dritto in un vicolo buio».
Bonazzi