La ragazza di Vajont
Il protagonista di questo romanzo si aggira fra le macerie di un mondo in rovina, devastato da
una violenta pulizia etnica accaduta da qualche parte nel tempo e del cui orrore s’intravede
solo la coda. Una lunga cicatrice gli attraversa il petto, e una memoria difettosa gli impedisce
di mettere ordine nei suoi ricordi e nel suo passato, creando un continuo e imprevedibile
cortocircuito tra verità e finzione. Intorno a lui una realtà slittata, altra, eppure simile alla
nostra, dove non esistono i telefoni cellulari, l’uomo non ha mai camminato sulla Luna e
l’Africa è diventata un grande deserto radioattivo.
Immerso nel silenzio della neve sorge Vajont: un paese nuovo, costruito per accogliere gli
sfollati della tragedia della diga, e diventato negli anni ricettacolo di «una fauna di sradicati,
di gente senza casa e senza nazione che capitava li e li si fermava, come barche senza
timone trascinate dalla marea». Le giornate del protagonista sembrano ripetersi uguali da
sempre: le visite all’ospedale per una terapia che forse è la radice stessa del suo male, la
passione per l’aeromodellismo, le chiacchiere con l’unico, ombroso amico che gli è rimasto, lo
Storpio.
Fino a quando un pomeriggio, sulla corriera che lo porta all’ospedale, alla fermata di Vajont
sale una giovane ragazza. «Ho in mente un volto, e il modo in cui la luce rende bella la sua
pelle. Un ciuffo di capelli biondi le vela lo sguardo. Così gli occhi sembrano guardarti da
lontano, dalle profondità di qualcosa». E l’inizio di un amore impossibile, e al tempo stesso il
momento della verità: «la memoria fa male», e niente potrà mai cancellare ciò che lui ha
fatto. Perché se la realtà sembra vacillare, se è meglio guardarsi le spalle ogni volta che si
esce di casa, la colpa è anche sua.
Cottogni