Il revisionista
È un mondo prossimo al collasso quello del Revisionista, un regno dell’assurdo dove il grado di
inquinamento ha ormai raggiunto il punto di non ritorno. C’è una guerra in atto, o
semplicemente non ci è dato sapere perché vengano sganciate bombe nucleari sulla
popolazione, perché l’aria sia diventata irrespirabile, perché i bambini siano mutanti, perché
gli animali costretti a usare i pannolini. Del revisionista – protagonista e io narrante – non
sappiamo nulla, se non che è stato incaricato (da chi?) di condurre dall’alto di un faro un
monitoraggio delle condizioni climatiche con l’ausilio di strumenti sofisticatissimi e di diramare,
alterando i dati, dispacci rassicuranti. Oltre a svolgere il suo compito si concede qualche
libertà: entra nelle vite degli altri, mischia la sua a quelle, osserva l’uomo che sovrasta
l’uomo, la Natura imbizzarrita. E in un mondo seviziato e condannato c’è posto per l’Isola del
Nuovo Inizio, il luogo in cui “cercare una nuova identità”, una fatua speranza. Ben presto,
però, ci si accorge che la vita sull’isola non è migliore: gli appuntamenti amorosi sono
obbligati, ogni individuo è pervaso da una forza che lo spinge a strappar via qualsiasi cosa, e
si deve far finta di non riconoscersi. A difesa del mondo, e di tutti i ritorni a casa, il
revisionista teorizza una nuova forma d’arte: la ripetizione come eterna ricapitolazione, e
l’urlo di disperazione diventa un inno positivo, un appello isolato e sordo all’umanità, prima
che il tessuto del mondo si consumi del tutto. Con uno stile dadaista ma di grande forza
narrativa, Miranda Mellis estrae dalle macerie di un mondo in disfacimento – il nostro mondo,
il nostro disfacimento – ciò che rimane della bellezza originaria, con la stessa intensità di
Morselli in Dissipatio H.G.
Bertoni