...e su di noi le stelle
Il nome di Louis Charbonneau è noto, in Italia, soltanto alla strettissima cerchia dei lettori
più documentati e preparati. Non, con questo, che Charbonneau sia inferiore ad autori
molto più considerati di lui soltanto perchè una parte notevole della loro straripa4n- te
produzione si rovesciata anche sul nostro paese, indipendentemente dai meriti intrinseci.
Inoltre, Louis Charbonneau (americano autentico: infatti è nato a Detroit, nel Michigan,
nei 1924), ha scritto numerosi libri di altro genere (Not All Your Tears, Shadow of a Gun; e
altri) e ha pubblicato fino ad ora, niel nostro paese, due soli romanzi: i soli di science
fiction, del resto, che avesse scritto prima di E su di noi le stelle. Purtroppo questi due
romanzi, No Piace On Earth e Corpus Earthling, sono stati editi con titoli tra il sensazionale
e l’orripilante. Per giunta, la loro pubblicazione avvenuta in un periodo in cui imperversava
la peggiore sottoproduzione francese, alla quale Charbonneau, per via dei nome tutt’altro
che anglosassone, è stato istintivamente assimilato. Così due romanzi piuttosto
interessanti — anche attraverso una traduzione condensata che non si preoccupava
minimamente di rendere lo stile personale ed elegante di questo autore — sono passati
inosservati e ignorati. In realtà, Charbonneau presenta notevoli affinità con scrittori come
judith Merril, Walter Miller jr. e John Christopher. Come quei colleghi più famosi,
Charbonneau si preoccupa di rappresentare plausibilmente una situazione ipotetica
attraverso un approfondimento dei carattere dei suoi personaggi, una ricostruzione
ambientale precisa e suggestiva. E. in fondo, è giusto che questo romanzo, il suo migliore
e più impegnativo, venga presentato oggi allo stesso pubblico che ha mostrato di sapere
accogliere con meditata approvazione Gente di domani, Un cantico per Leibowitz e
L’inverno senza fine. E su di noi le stelle non nasconde le sue origini ambiziose. Fino dalle
prime battute, si intuisce che l’autore ha voluto collegarsi a modelli celebri (Noi di Zamiatin
e il suo celebre rifacimento operato più tardi da Orwell, 1984). E’ un, rapporto non di
imitazione, tuttavia, ma di comune ispirazione. Nella ormai vastissima produzione della
science fiction sociologica, E su di noi le stelle, sebbene recentissimo, ha già acquistato
una sua valutazione ragguardevole. Si inserisce infatti accanto a romanzi pregevoli come I
mercanti dello spazio e Gladiatore in legge della coppia Pohl & Kornbluth, Redenzione
immorale di Philip Dick, Umani a condizione di Walter Miller jr. (che io stesso sottoposi con
vive raccomandazioni alla casa editrice che poi si decise a pubblicarlo), il notevole Rischio
di vita di Edson Mc Carni (pseudonimo, sembra, di Lester del Rey e Fred Pohl), e altri
ancora. E su di noi le stelle si basa su un’idea apprezzabile. Il mondo si è fuso
politicamente e burocraticamente in un’unica, gigantesca organizzazione. Tutti i cittadini
si vedono assegnato un ingente debito fiscale a causa dici- le spese sostenute
dall’Organizzazione per realizzare quella Fusione. L’umanità viene divisa in classi, a
seconda dell’entità del debito. Gli uomini devono lavorare per cercare, attraverso i
passaggi di classe in classe. di saldare il loro debito verso l’Organizzazione. Quando ci
riescono, diventano Liberi Cittadini e possono usufruire liberamente di tutte le facilitazioni
e le comodità immaginabili. Vivono in splendidi parchi sparsi sulla superficie della Terra,
che si sta riprendendo lentamente dalle ferite di una guerra atomica, e non devono fare
altro se non divertirsi sfrenatamente. Una situazione apparentemente felice, un sistema
perfetto. Ma la realtà è diversa, rivela lentamente Charbonneau. Il mondo non è quello
che sembra. TRH-247, l’anonimo cittadino protagonista ‘della vicenda, trova la forza,
quasi senza rendersene conto, di compiere un atto di protesta contro la Fusione, che non
approva. Una mattina non si presenta al lavoro. E’ uno dei reati più gravi che si possano
commettere nel mondo dell’Organizzazione. E il cittadino TRII-247 viene giudicato e
punito. Ma l’entità della punizione non conta. Importa invece la stupefacente decisione
che viene presa nei suoi confronti nel tentativo di riconquistarlo all’ordine, alla Fusione,
all’Organizzazione. Le conseguenze di quella decisione, infatti, saranno inimmaginabili,
Meglio non anticipare troppo la trama del romanzo. Charbonneau è riuscito a creare un
lavoro ricco di forza suggestiva. Ha tratteggiato con vigore la fisionomia del mondo
dell’Organizzazione, le immense metropoli sotterranee che lo formano e la vita dei
lavoratori che le abitano, come in un gigantesco formicaio. Charbonneau ne ha reso
l’angosciosa, uniforme monotonia pianificata, e la ha sintetizzata nel carattere del
protagonista, un uomo confuso, privo di speranza, che subisce e subisce, quasi
passivamente, sulla scia di quel g sto di quell’unico impulso autonomo che una mattina Io
ha spinto a non recarsi al lavoro. TRH-247, il protagonista, scopre a gradi la verità
agghiacciante che si nasconde dietro la massiccia facciata di quel sistema in apparenza
perf etto. Tutto quel mondo e il sogno del conseguimento della libertà crollano, sotto i
colpi brutali degli avvenimenti. Anche Ann, l’enigmatica e angosciata ragazza di cui
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