L'inverno senza fine
sentimento sicuro che Andrew è riuscito a guadagnarsi, quasi senza merito, è la generosa
amicizia di un negro nigeriano, Abonitu, che ricambia un antico e trascurabile favore
togliendolo dalla sua abiezione di emigrato povero, offrendogli lavoro, agi e rispettabilità
nella giovane società africana di Lagos; e che più tardi si batterà contro un altro negro, il
generale Mutalli, per salvargli la vita. Ma, puntualmente, Andrew rinnegherà questa
amicizia, ricompensandola con un tradimento tutt’altro che giustificato da una
reviviscenza di patriottismo e di solidarietà «bianca», cui Andrew fa appello per
nascondere il più egoistico sentimento che l’ha spinto al sabotaggio. Ma, oltre al fiducioso,
entusiasta e in fondo romantico Abonitu, in un certo senso simbolo della migliore Africa
nuova, e la figura appena tratteggiata di Maria Arunawa, in un certo senso simbolo della
antica eroica rassegnazione della sua razza, i personaggi di quel mondo sconvolto dalla
nuova era glaciale sono incerti, deboli, quasi contagiati dal gelo che ha annientato la
civiltà bianca. Così Carol, dopo avere abbandonato Andrew per David, una volta
trasferitasi in Nigeria, al sicuro dagli orrori dell’Inghilterra invasa dal gelo, ma esposta al
pericolo della miseria, si affretta a buttarsi fra le braccia d’un influente personaggio locale;
così David, affascinante ed amorale ma ancora capace di qualche altruismo, alla fine
penserà soltanto ad approfittare della situazione per gettare le basi di un futuro impero
personale; Madeleine, che sembra trovare volontà e decisione soltanto nelle situazioni più
avvilenti, rimarrà incerta fino all’ultimo tra Andrew e David; e il comandante Torbock, che
rischia la vita per portare a Madeleine l’ultimo messaggio di David, deciderà di trasferirsi
nel Sud Africa, spinto dalla sua lealtà verso la razza bianca, pur ammettendo le sue
simpatie per la nuova Africa nera; dove per lo meno il razzismo alla rovescia non assume
mai, nelle pagine di questo romanzo, la feroce, incongrua patina di nazismo che ha
assunto invece, nella realtà, il razzismo dei bianchi sudafricani. Eppure, nonostante tutto,
lo ultimo colloquio tra Andrew e Abonitu sembra promettere una tregua duratura, il
ristabilimento di un rapporto normale tra i popoli, al di là di ogni probabile difficoltà: le
giovani nazioni negre accetteranno la lezione degli antichi errori dei bianchi e cercheranno
di evitarli; i bianchi si sforzeranno di fare risorgere una civiltà nei deserti di ghiacdo, dove
l’istinto dl conservazione è divenuto l’unica legge valida. Anche quei personaggi incerti e
deboli devono rendersi conto, al di sopra delle polemiche e dei risentimenti, che non
esisterebbe un avvenire per la Terra se non attraverso il rispetto reciproco e la
collaborazione, sia pure cauta e sospettosa; e, ancora una volta, la violenza irragionevole
trova la sua condanna, come è ormai costume — e non da oggi — della science fiction
più seria e qualificata.
Tellini
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