Notte di luce
I grandi temi religiosi, la fede, il peccato, la dannazione, l’eternità, sono piuttosto
trascurati dagli autori di fantascienza. C’è il filone della mitologia di Lovecraft e dei suoi
continuatori, ci sono vari racconti con protagonisti gli dèi nordici o greci, ma questo tipo
di opere non giunge mai a sviluppare i veri temi religiosi e appartiene più propriamente al
filone avventuroso o a quello dell’orrore, senza tentare una fantateologia in cui si esamini
l’essenza del divino e dell’umano. Le poche opere veramente fantateologiche sono quei
classici che occasionalmente ci sono stati forniti da un autore come Blish (Guerra al
Grande Nulla), o W. Miller (Un cantico per Leibowitz), o del Rey (For I am a Jealous
People); l’unico autore che ha svolto con continuità un’indagine su tutti gli aspetti della
religione è Philip José Farmer. Farmer ha esplorato gli effetti di una tecnocrazia
opprimente nel suo ciclo dei Lovers (Un amore a Siddo, Gli anni del Precursore); il tema
della resurrezione fisica nell’Inferno a Rovescio e nella serie del Riverworld (ancora inedita
in Italia); il rapporto tra creatore e creatura nel Creatore di universi e in Father (anche
questo inedito). Da queste opere in cui si discutono gli aspetti materiali della divinità, la
logica continuazione era una sola: che Farmer passasse a un grandioso romanzo come
Notte di Luce, in cui affrontare il tema religioso fondamentale: la conversione, la Presenza
che, se gli offre prove della sua esistenza, può essere creduta solo attraverso un atto di
fede. John Carmody, il personaggio di Farmer che qui vediamo e che compare anche in
altri tre racconti, è già sul punto di credere quando lo vediamo comparire, e le sue
esperienze della Notte di Luce sono il tragitto psicologico che di un grande peccatore fa
un grande credente. Come c’era da aspettarsi da Farmer, il suo romanzo “funziona” come
un perfetto meccanismo e rispetta tutti i canoni della fantascienza: il punto di partenza è
un pianeta dove avvengono straordinari (ma spiegabili!) fenomeni psichici e fisici, e di qui
la speculazione si svolge nella pii assoluta correttezza del cosa accadrebbe se...
ricavandone le conseguenze più logiche e ardite. Al lettore che cerca nuove idee, Notte di
Luce offre alcuni spunti tra i più stimolanti: l’idea dell’evoluzione della dottrina; quella
della Rivelazione che avviene per gradi, in tempi e pianeti diversi; la possibilità di conciliare
le fedi terrestri con le extraterrestri; lo stesso pianeta Dante’s Joy, che presenta all’uomo
la possibilità di diventare onnipotente e di creare il suo dio, o di offrirsi un sonno (anzi, il
Sonno) col rischio di trovare al suo risveglio un pianeta in cui il bene e il male si sono
rovesciati. Ma soprattutto Farmer è un narratore, e come narratore ci dà un personaggio
che ha una sua esperienza da comunicarci, un’esperienza profondamente umana e
vissuta, e in complesso un’opera completa. «Notte di Luce, — diceva Damon Knight, il più
incontentabile e il più letterario dei critici specializzati — è un libro stimolante, potente, e
Philip José Farmer è uno dei più grandi fantascientisti viventi. Questa è la sua opera più
affascinante.»
Tellini