Una questione di razza
Philip José Farmer è uno dei massimi autori della fantascienza. Completamente
sconosciuto in Italia, prima che Ugo Malaguti lo pubblicasse sulle pagine di ‘Galassia’ con
uno dei suoi capolavori — ‘L’Inferno a Rovescio’, un romanzo singolarissimo nella storia
della fantascienza, e che a quel tempo fu accolto favorevolmente dai lettori di ‘Galassia’
— le sue opere sono oggi considerate alla stregua dei più grandi romanzi degli autori
americani prima di lui giunti all’attenzione del pubblico italiano: il suo ciclo di Jadawin e
Kickaha è giustamente famoso qui da noi, come pure i suoi maggiori capolavori ‘The lovers’
(pubblicato dall’SFBC con il titolo di ‘Un amore a Siddo’) la poetica storia delle latithe in
un difficile equilibrio ecologico, e ‘The Green Odissey’ (edito in Italia con il titolo ‘Pianeta in
via di sviluppo’); oltre, naturalmente, all’ottimo ‘Gli anni del Precursore’, pubblicato da
‘Galassia’. Farmer, autore audace e di difficile classificazione quant’altri mai, è
chiaramente uno degli autori di più autentica avanguardia che la fantascienza abbia
offerto: e qui ‘avanguardia’ è intesa non nel senso delle vuote strampalerie di una certa
scuola inglese, che ormai non è più di moda neppure nel suo paese d’origine, ma nel senso
di avanguardia d’idee e di pensiero, l’unica avanguardia che concepiamo e che ci sembra
possibile concepire. Farmer, insieme a Phiip Dick e a Brian Aldiss, rappresenta la più
luminosa realtà della fantascienza dopo gli anni ‘50: romanziere completo e di razza,
rifugge dal compromesso e porta alle logiche conseguenze anche l’assunto più inusitato e
sconvolgente. Dare, il romanzo presentato in questo numero di Galassia, appartiene alla
produzione farmeriana più avventurosa e, nello stesso tempo, allusiva. Il problema dei
conflitti razziali è presente su un piano simbolico fin dalle prime righe, e riempie le pagine
che seguono fino alla sua logica, anche se fin troppo ottimistica, soluzione. Ma l’assunto
dell’opera è solo un pretesto per una delle turbinose esibizioni di fantasia alle quali Farmer
già ci ha abituato. La descrizione dei particolari di una società quasi visiva, nella sua
realtà sconvolgente, il rapido, caotico succedersi delle azioni che però obbediscono tutte
a una loro ferrea logica, ma non una logica raziocinante, bensì ebbra e spesso allucinata,
appartengono alle pagine migliori della fantascienza. Certe immagini pittoriche ricordano da
vicino i poderosi quadri del più grande van Vogt (in alcuni punti pare quasi di assistere a
certi epici scontri de ‘Il libro di Ptath’, a certe angosciose e potenti immagini di ‘La nave
delle tenebre’) mentre però il succedersi frenetico delle azioni è propriamente farmeriano,
e il modo di scrivere, così personale e inconfondibile, sempre a cavallo tra l’ironia beffarda
e la commossa partecipazione, porta la firma indiscussa di questo autore che non a torto
Alfred Bester ha definito ‘di genio’. ‘Dare’, che nei presupposti non sarebbe dispiaciuto a
un buon allievo fortiano qual è stato il Russell di ‘Schiavi degli Invisibili’, ribadisce inoltre la
qualifica di maggiore paesaggista della fantascienza, che Farmer ben ha meritato,
strappandola al più volte premio Hugo Jack Vance, autore questi che a una maggiore
eleganza stilistica e a una notevole sottigliezza, purtroppo, non fa corrispondere che
raramente l’impennata di genio e l’estro irresistibile che Farmer dispiega a ogni pagina di
ogni suo romanzo. Il pianeta Dare, diviso tra uomini e ‘horstel’, in una situazione esplosiva
che ricorda da vicino quella del profondo Sud d’America (con i suoi ghetti e il suo Ku Klux
Klan, con i suoi giudici venduti e i suoi linciaggi) rimane impresso nella mente del lettore, e
i protagonisti che si muovono in questo paesaggio intenso e vivissimo da Jack Gage al
cugino Ed, dalla bellissima R’li alla giovane Polly, fino ai terrestri giunti in esplorazione
senza neppure sospettare quel che avrebbero poi scoperto — appartengono ormai alla
storia della fantascienza. Un grande ritorno, dunque, quello di Farmer su Galassia: con un
romanzo tra i più discussi della sua produzione, con un’opera che, ne siamo certi, fornirà
argomento di meraviglia e di serrato dibattito per tutti gli appassionati italiani di
fantascienza.
Tellini