Quelli di Anarres
Anarres e Urras sono due pianeti gemelli, ma Anarres, quasi desertico, non aveva mai favorito
gli insediamenti umani, fino a quando non vi migrarono in massa i seguaci di Odo, in
contrasto insanabile con la società del benessere che prosperava (e continua a prosperare)
su Urras. Da allora gli Odoniani hanno creato una società di sopravvivenza, consona tuttavia
ai loro ideali: una fratellanza da cui sono esclusi i sentimenti stessi di proprietà, di governo e
di autorità. I contatti fra i due pianeti sono esigui, perché un muro chiude il porto franco in
cui scendono le navi spaziali anarresiane, e salvaguarda come un cordone sanitario gli
“anarchici”, i nullatenenti di Anarres, dalle idee (non meno che dai microbi) di Urras. È questo
un libro dove emergono le doti narrative e immaginative di Ursula Le Guin, attraverso una
descrizione fitta di particolari affascinanti, che ci dà il ritratto di due opposti modi del vivere
civile: da una parte la profonda analisi di una società opulenta, dall’altra la sottile rete di
“precetti” e di “rituali” in cui ricade anche una società fondamentalmente anarchica.
L’elemento che mette a fuoco le due opposte situazioni è l’esperienza di Shevek, il genio
matematico che, con un apparente tradimento, accetta un invito a lavorare sul pianeta dei
ricchi e dei proprietari, spinto dal proprio desiderio di abbattere le barriere dell’odio e della
diffidenza, simboleggiate dal muro che chiude il porto di Anarres.
Le prospettive mostrate in questo romanzo, l’essenziale senso della Storia come “lavoro da
fare” tra rischi e incertezze, sono rivelatrici: Quelli di Anarres ridà vita alla tradizione
utopistica a favore della nostra ambigua epoca di speranza e di terrore, rivelando la
fantascienza come grande letteratura.
Viviani