L'alba delle tenebre
Nel nostro paese, chissà per quale motivo, esperti di ottima reputazione hanno
continuato, per anni, ad accomunare i nomi di Theodore Sturgeon e di Fritz Leiber, come
se si trattasse di un’unica e solidissima unità. A dire il vero, l’equivoco è sorto soprattutto
a causa della… posizione equivoca assunta dalle riviste e dalle pochissime antologie
fantascientifiche apparse nel nostro paese prima dell’esplosione polemica provocata dalla
famosa e introvabile antologia Fantasciena: terrore o verità?, nella quale veniva per la
prima volta affrontato l’empirismo da culla science fiction rischiava di venire sommersa,
gettando il primo mattone dell’edificio e h e avrebbe poi portato, con l’appoggio di altre
ottime iniziative (Come la pubblicazione del saggio di Kingsley Amis) all’attuale situazione
che, seppure ancora suscettibile di sviluppi per ora imprevedibili, appare notevolmente
soddisfacente. Per lo meno, le tesi che al loro apparire furono accolte da alte grida di
sdegno da parte di un certo strato, per fortuna assai ridotto, dei lettori di più vecchia
data o di più alta ambizione personale, ora sonc quasi universalmente accettate e
nessuno si sognerebbe più di proclamare un Matheson maestro del genere o scegliere
come alto esempio di ortodossia fantascientifica i raccontini shocker di Fredric Brown. Ma,
per ritornare all’equivoco Sturgeon-Leiber, un equivoco non basato su una errata
identificazione personale, ma piuttosto su un accostamento contenutistico e ideologico, la
colpa è probabilmente da ricercare nella apparizione in Italia di racconti e romanzi, dovuti
alle penne dei due autori, forse ideologicamente diversi, ma uniti strettamente da un
particolare: la loro non appartenenza alla science fiction. E sia Leiber che Sturgeon, a dire
il vero, amano queste digressioni nel mondo del soprannaturale, nel mondo dell’orrido e
dell’intreccio nero più contorto e sconvolgente. The dreaming jewels non era e non è
science fiction, per quanto si possa e si voglia stimare Sturgeon. Come non è science
fiction A crime for Lieweflyn. E siccome le poche opere di Leiber (soprattutto racconti)
apparse in Italia fino a qualche anno fa si avvicinavano molto a quei confini indefiniti tra il
fantastico, l’orrido e il meraviglioso nei quali Sturgeon si trova perfettamente a suo agio,
l’errore a un certo punto può anche apparire logico. Ma Leiber è stato ed è ancora,
soprattutto, un eccellente autore di fantascienza. Probabilmente uno dei più grandi, senza
dubbio uno dei più estrosi imprevedibili, come ha dimostrato inequivocabilmente il folle
The Silver Eggheads, il romanzo che ha iniziato davvero un’epoca nella science fiction,
dando vita a quella nuova vena che Heinlein ha arricchito poi del più ortodosso (se di
ortodossia e di ragione è lecito parlare in romanzi cosi bizzarri e caleidoscopici) Stranger in
a strange lanci. Ma di Fritz Leiber era sconosciuto, in Italia, il romanzo forse più
importante e valido. Questo Gather, Darkness! che al suo apparire nei numeri di
Astounding tra maggio e luglio del 1943, impose di prepotenza il nome di Leiber
all’attenzione e all’ammirazione dei lettori americani (e questa attenzione e ammirazione
portarono al conferimento di un Premio Hugo per il suo romanzo forse più discutibile, The
big time, più di venti armi dopo), e che è senza dubbio uno dei testi più celebri della
fantascienza mondiale. - In quale genere di questa complessa e completa letteratura che
è la science fiction deve essere collocato Gather, Darkness!? Non certo, prima di tutto,
nella pura e semplice fantasy: anzi, la scienza è forse una delle protagoniste principali dei
romanzo. Non è neppure un romanzo tecnologico, e sarebbe assai arduo definirlo un
capolavoro della science fiction sociologica, seppure, sotto diversi aspetti potrebbe
appartenere a entrambi i generi. Forse, il migliore elogio che possa essere fatto al
romanzo e al suo autore è quello di collocare Gather, Darkness! tra i capolavori della
science fiction, tra quei romanzi che non hanno età e sfuggono a precise classificazioni,
tra quei romanzi che caratterizzano un periodo senza davvero appartenervi. Come City,
come The city and the stars, come quel piccolo capolavoro che è Perchè sono un popolo
geloso, di Lester del Rey, apparso recentemente sulla antologia Fantascienza della
crudeltà, come Davy, l’Eretico, come La svastica sul sole, e tanti altri. Probabilmente
Leiber, in questo suo romanzo, parte con un lieve svantaggio nei confronti degli altri
autori citati: tra i vari Simak, Pangborn e i vari Vonnegut e Miller, la prosa
dell’autore-attore non è senza dubbio la migliore, dal punto di vista stilistico. Ma in
compenso c’è già l’effervescenza e l’inventiva caratteristiche di Leiber oltre a una unità e
coerenza ideologica che, nel corso della carriera di quest’autore, non si è più ripetuta.
L’Alba delle tenebre è probabilmente uno degli attacchi più feroci e spietati che siano mai
stati compiuti contro la stupidità umana, contro le false religioni e i falsi miti, contro
l’opportunismo e contro la dittatura, ed è nel contempo una satira acuta e divertente
dello sfruttamento temporale della religione, un problema sentito anche in America dove
quasi ovunque sorgono nuove confessioni, anche le più strane, che spesso celano dietro a
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