Vizio di forma
Ci saranno storici futuri, diciamo nel prossimo secolo? Non è del tutto certo: l'umanità
potrebbe aver perduto ogni interesse per il passato, occupata come sarà sicuramente a
dipanare il gomitolo del futuro; o perduto il gusto per le opere dello spirito in generale,
essendo intesa unicamente a sopravvivere, o cessato di esistere. Ma se storici si
troveranno, si dedicheranno assai poco alle guerre puniche, o alle crociate, o a Waterloo,
ed invece porranno al centro della loro attenzione questo ventesimo secolo, e più
precisamente il decennio che è appena incominciato.
Sarà un decennio unico. Nel giro di pochi anni, quasi da un giorno all'altro, ci siamo
accorti che qualcosa di definitivo è successo, o sta per succedere: come chi, navigando
per un fiume tranquillo, si avvedesse ad un tratto che le rive stanno fuggendo all'indietro,
l'acqua si è fatta piena di vortici, e si sente ormai vicino il tuono della cascata. Non c'è
indice che non si sia impennato: la popolazione mondiale, il DDT nel grasso dei pinguini, l'
anidride carbonica nell' atmosfera, il piombo nelle nostre vene. Mentre metà del mondo
attende ancora i benefici della tecnica, l'altra metà ha toccato il suolo lunare, ed è
intossicata dai rifiuti accumulati in pochi lustri: ma non c'è scelta, all'Arcadia non si
ritorna, ancora dalla tecnica, e solo da essa, potrà venire la restaurazione dell'ordine
planetario, l'emendamento del "vizio di forma". Davanti all'urgenza di questi problemi, gli
interrogativi politici impallidiscono.
È questo il clima in cui, letteralmente od in ispirito, si collocano i venti racconti di Primo
Levi che presentiamo. Al di là del velo dell'ironia, è vicino a quello dei suoi libri
precedenti: vi si respira un' aura di tristezza non disperata, di diffidenza per il presente, e
ad un tempo di sostanziale confidenza per il futuro: l'uomo fabbro di se stesso, inventore
ed unico detentore della ragione, saprà fermarsi a tempo nel suo cammino "verso
occidente".
Cottogni