L'emozionometro
È probabile che a molti dei nostri lettori questo Climacticon ricordi li famoso La Lampada
de1 Sesso di Brian Aldiss. L’idea-base dei due romanzi pressoché identica: un apparecchio
che permette di stabilire immediatamente le reazioni sessuali di un individuo nei confronti
dell’altro, in Aldiss si trattava di una lampada inserita sulla fronte degli esseri umani; qui di
un comodo congegno tascabile, alla portata di chiunque. La differenza reale sta semmai
nei modi di svolgimento del tema: Aldiss scriveva una storia che, pur non priva di risvolti
umoristici, aveva un background sostanzialmente pessimista e introverso; Livingston, un
autore mainstream che s’è concesso una vacanza nel campo della science-fiction, ci dà
una gustosissima commedia da godere dalla prima pagina all’ultima. Non vogliamo
anticipare la trama dell’opera; diremo soltanto che il vero nucleo vitale da rintracciare nel
ritratto dolce-amaro di una società industriale ancora basata sui modelli della self-made
America. Pensiamo soltanto alla scena iniziale della seduta d’ideazione: un affannoso
rincorrersi di parole, d’idee stupide o genialmente folgoranti, il tutto all’insegna
dell’ossequio alle leggi di mercato. Oggi, a quanto ci assicurano eminenti economisti come
Galbraith o Sweeze, queste leggi non esistono più: la tecnostruttura ha fagocitato la
componente umana dell’economia, e tende a sopravvivere solo per se stessa. In questa
prospettiva Climacticon, che risale a diversi anni fa, resta anche un documento di
costume; l’esemplificazione, per quanto grottesca e palesemente ironica, di una società
ad uno stadio paleo-capitalistico dl sviluppo. Ma ritorniamo un momento all’idea centrale
del romanzo. Il protagonista, che ha involontariamente messo in moto una rivoluzione
sociale di portata enorme, si trova completamente coinvolto agli eventi; il pirotecnico (è il
caso di dirlo) finale si risolve positivamente solo per una fortuita coincidenza di cui egli è
totalmente all’oscuro. Una lezione di morale? Francamente non crediamo. Livingston è più
occupato a far sorrider il lettore che a prospettargli insegnamenti etici. Resta comunque il
fatto interessantissimo, da un punto di vista antropologico, della pubblicizzazione degli
istinti erotici. A ben considerare le cose, è la sfera più intima e riservata delle emozioni
umane che si trova allo scoperto; e non è difficile immaginare quali catastrofiche
conseguenze risulterebbero da uno status quo del genere. Cosa ne direbbe Freud? Quali
modifiche potrebbero subire le pulsioni libidiche, per usare un linguaggio tecnico, in un
contesto che non oppone praticamente loro alcun ostacolo? Sarebbe meglio o peggio?
Livingston, e anche Aldiss, rispondono picche; ma la discussione rimane aperta. Forse il
nostro scetticismo dipende dall’aver accettato, consciamente o no, un certo tipo di
morale perbenista che tende a nascondere i fatti, senza poterli ovviamente nullificare.
Personalmente riteniamo che, almeno in campo sessuale, molti passi ancora debbano
essere compiuti verso una sincerità genuina e non-ipocrita. Che poi allo scopo possa
servire un aggeggio meccanico, forse non è molto esatto; ma se non altro avremmo
scoperto le carte e messa liberamente in tavola la situazione. A dispetto di tutte le
imposizioni e sopraffazioni che, oggi come oggi, pesano sulle spalle di chiunque; salvo poi
tornare sulla scena in maniera esagerata e tendenziosa, con le conseguenze che tutti
conosciamo.
Tellini