Al buio
Edith Nesbit, essendo morta non giovane nel 1924, non riuscì a vedere la faccia orrida
delle città moderne, come si trasfigura in quegli oggetti che possono diventare di morte,
le automobili. Eppure, in uno dei racconti neri di questa raccolta - che presenta una
selezione delle ghost stories pubblicate dalla Nesbit, per altro celebre nel mondo
anglosassone come scrittrice per l'infanzia - riesce a vedere in un'automobile viola (forse
per la prima volta nella letteratura?) la mano demoniaca. Riprova di quanto il «genere
nero» riesca a scavare, in modo visionario, nel lato in ombra. Ma riprova di un certo
carattere innovativo delle novelle nere di Al buio; vi è tutto il repertorio classico: dimore
della vecchia, campagna inglese, cimiteri aperti. secondo il modo anglosassone, medici in
preda a un furore mostruosamente positivistico, revenants e fantasmi, statue animate,
giocattoli per bambini ravvivati da pantomime sanguinarie. Vi è peró qualcosa – una
svolta, un’insinuazione, l’esito malvagio quasi con compiacimento di ciascuna novella - che
apparenta questi racconti al racconto, piú che gotico, modernamente crudele. Del resto,
Edith Nesbit, creatrice di storielle famose per un'infanzia creduta innocente nel mondo
vittoriano in cui viveva, trasporta gli stessi scenari di serenità infantile negli altri suoi
racconti: ma qui, improvvisamente, la serenità passa scoprendo la stria più inquietante
che celava. E anticipa così ciò che sappiamo noi (dopo Freud, dopo Piaget) del mondo dei
bambini.
Bonazzi