La pietra del vecchio pescatore
"Le giunture mi fanno vedere le stelle, certe volte. Sennò, mi piacerebbe avventurarmi per
andare a prender l'acqua alla fonte. Ché non si sa mai quali incontri può fare, in quali
misteri potrebbe incappare, una persona che va, solitaria, a prender acqua di sorgente. E'
un tale dono, l'acqua. Il mondo intero morirebbe, se mancasse. Lo vado dicendo da anni."

L''acqua di sorgente' cui si riferisce il girovago Patsy nelle prima pagine di questo libro non
è - non si capisce - un'acqua qualsiasi che si possa trovare dappertutto. E il suo invito ad
attingerla non è tanto rivolto a uno degli eroi del racconto quanto al lettore che
s'accosta a queste pagine dove la fantasia è un'acqua sorgiva di incomparabile freschezza
tale da appagare ogni sorta di sete, e in special modo quella suscitata dall'aridità che
caratterizza talora la nostra vita quotidiana. Perché che cos'è, in fondo, il Male che i
giovani Pidge e Brigit devono sconfiggere, passando attraverso mille avventure e
peripezie, se non l'assenza di immaginazione, l'incapacità di vedere al di là del proprio
naso, di sapersi inventare la realtà? E' questo che, in primo luogo, c'insegna l'autrice di un
libro che ha la stessa forza di suggestione e di seduzione de "La Storia Infinita".
Attraverso gli occhi innocenti di Pidge e Brigit, impegnati a lottare con la terribile
Morrigan, strega una e trina nata nella notte dei tempi, ecco che dalle realtà minute,
tangibili, quotidiane si sprigiona un mondo che tutti ci portiamo dentro fin dall'infanzia: gli
animali ci parlano in una lingua che un tempo era anche nostra, girovaghi mendicanti si
trasformano nei geni benefici che una volta ben conoscevamo, i tronchi di albero si
aprono per portarci in mezzo a una quantità di creature minuscole che difenderanno i
nostri eroi da orchesse giganti. Da mostri spaventosi e crudeli almeno quanto sa essere
Vegetti