Star well
Star Weli è il primo romanzo di una serie già famosissima in America, avente come
protagonisti fissi quel perfetto gentiluomo che è Anthony Villiers e quell’enigmaticissimo
alieno che è Torve il Trog, una specie di rospo gigantesco; oltre ad un numero imprecisato
(e imprecisabile, crediamo) di personaggi minori, alcuni dei quali ricompaiono in tutte le
storie. Gli altri due titoli sono The Turb Revolution e Masque World; e già da tempo è
stato annunciato il quarto volume. L’autore di questo ciclo, Alexei Panshin, è sconosciuto
da noi. Dopo essersi fatta una solidissima fama come critico su riviste specializzate (fama,
aggiungiamo, più che meritata: i suoi articoli dimostrano un’eleganza, un’intelligenza e un
sense of humor almeno inconsueti) e aver ricevuto nel 1967 un Hugo proprio per l’attività
di critico (attività da cui è uscito anche un interessantissimo volume su Heinlein, Heinlein
in Dimension), dopo aver pubblicato racconti su diverse riviste, è esploso come autore di
romanzi con una notevolissima opera: Rite of Passage. In questo grosso romanzo,
vincitore tra l’altro del Nebula del 1968, Panshin riprendeva temi classici quali l’astronave
che da generazioni viaggia nello spazio e il contatto con pianeti stranieri; ma risolvendoli
in maniera veramente nuova, delineando con estrema sensibilità il passaggio dalla
giovinezza alla maturità della protagonista. Il ciclo di Villiers è tuttavia profondamente
differente da quel romanzo; nonostante si ritrovino anche qui parecchie delle
caratteristiche essenziali di Rite of Passage. In primo luogo l’acuta intelligenza che si
diverte (e, perché no, si commuove) a notare con apparente estrema noncuranza i difetti
più grandi e i pregi migliori dell’umanità; e secondariamente la notevole capacità stilistica,
che nei romanzi di Villiers si traduce in un ritmo da balletto serrato e quanto mai
divertente. In effetti non crediamo di aver mai letto, nel campo della SF, qualcosa di così
raffinato e compunto. Sarà inutile accennare alla trama, complessa nella sua apparente
immobilità, perché significherebbe togliere al lettore buona parte del piacere derivante da
questo libro. Una parola, piuttosto, sui personaggi. Anthony Villiers, il protagonista, è un
raffinatissimo gentiluomo galattico, sempre in viaggio da un pianeta all’altro in cerca di un
assegno che lo rimetta da momentanei dissesti economici (lo troverà, quest’assegno, alla
fine del romanzo); e perennemente coinvolto in avvenimenti complessi e delicati, che non
riescono peraltro a scalfire d’un millimetro la sua flemma imperturbabile. E poi quella che è
forse l’invenzione più geniale di Panshin: Torve il Trog, simpaticissimo rospone, sempre alle
prese con sue personali teorie di ‘linee di convergenza’ (linee che troveranno uno sviluppo
assai rapido in Masque World), autore tra l’altro di una forma d’arte tutta particolare:
quel “Thurb” che egli ripete con ammirevole costanza e dedizione. Un personaggio
enigmatico, sostanzialmente distante ed estraneo alla nostra mentalità; ma dotato d’una
carica enorme di simpatia (indimenticabile, ad esempio, la scena di Torve che in Thurb
Revolution cavalca senza scopo alcuno un triciclo rosso). Tutti gli elementi concorrono a
dare all’opera un sapore assolutamente particolare, unico ed irripetibile (se non da Panshin
stesso, com’è ampiamente dimostrato). È forse, paradossalmente, tutto un nuovo tipo di
SF che è contenuto in queste pagine. E nell’augurare buona lettera, consigliamo ai lettori
di meditare per un attimo le osservazioni che Panshin dissemina qua e là un po’ su tutto,
dai mantelli alta religione: c’è dentro molto più buon senso, ci sembra, di quello dimostrato
abitualmente da tanti palloni gonfiati sempre pronti ad urlare, italiani e no.
Tellini