Fine del viaggio
Questo romanzo di uno scrittore ventisettenne sembra aver bruciato tutte le esperienze
"preatomiche" della letteratura contemporanea, dall'alta fantascienza al romanzo
dell'alienazione, dalla chronique dell'angoscia esistenziale al monologo interiore, ai filoni
della memoria, ai vari sperimentalismi... La vicenda si svolge all'indomani di un improvviso
conflitto atomico, durato pochi istanti, che ha trasformato in un deserto di cenere una
parte della Terra. La crisi di coscienza del protagonista è la crisi di coscienza dell'uomo
contemporaneo, preso in un ingranaggio apparentemente ineluttabile - impotenza o non
volontà d'intervenire attivamente e singolarmente contro la catastrofe. Dall'incapacità
umana a liberarci dell'ipoteca di una guerra suicida nasce, quasi a contrasto, il senso del
vuoto immenso, altissimo, che precede i naufragi. Dal soliloquio del personaggio il presente
si illumina di rimpianti d'un tempo che poteva essere felice e rivive, felice ora, nel ricordo.

Nello stile e nel linguaggio originalissimo, questa elegante allucinante storia della fine del
mondo, sempre sorretta da riferimenti culturali d'estrema consapevolezza, ha una novità e
una forza sconcertante.
Cottogni