Il mio mondo bruciato
Prima di ritornare, come promesso ai nostri lettori in numerose occasioni, a la science
fiction più tradizionale e avventurosa (e abbiamo in serbo per i prossimi numeri delle
sorprese addirittura clamorose), Galassia dedica un intero fascicolo agli appassionati della
narrativa sociologica, che contiene il romanzo più bello e più sconvolgente di quell’autore
che non finirà mai di stupirci, migliorando e raggiungendo livelli sempre più eccezionali a
ogni nuova opera, e che risponde al nome di Brian W. Aldiss; e il mio lungo racconto Fino
all’ultima generazione, che era già stato approvato da Roberta Rambelli prima del mio
avvento alla direzione di Galassia, e che ho deciso di offrire insieme al romanzo di Aldiss
per accontentare tutti i lettori, che vorrei ringraziare qui collettivamente, i quali hanno
continuato a richiedere qualcosa di mio. Di Brian Aldiss è già stato pubblicato, nel corso
dell’annata 1966, un romanzo bellissimo e inconsueto, Galassie come granelli di sabbia,
che in un’ideale graduatoria dei romanzi ciclici più riusciti dei nostri tempi, collocheremmo
senza esitazioni al secondo posto, dopo quel capolavoro di pura letteratura che è City del
grande Simak. A nostro avviso, però, Earthworks è fino a oggi il vero capolavoro di Aldiss
(ma, come abbiamo detto, questo eccezionale autore sembra divertirsi a superare se
stesso in ogni occasione): ed è anche uno dei più bei romanzi di science fiction che siano
apparsi negli ultimi dieci anni. Un romanzo che, oltre alla sua perfetta impostazione e
all’esemplare ritratto psicologico di un’umanità affamata e caduta in un baratro
spaventoso a causa dei mille errori commessi nel nostro secolo, offre un esempio brillante
di stile, uno stile raffinato ed elegante, ricco di sfumature rivoluzionarie, in un linguaggio
che è difficilissimo rendere in italiano, e che rappresenta, secondo noi, l’optimum: un
linguaggio e uno stile veri e vivi, senza gli assurdi sperimentalismi gratuiti che sembrano
moltiplicarsi come funghi velenosi nella letteratura moderna, e che forse nascondono una
povertà tematica e ideologica ormai allarmante, povertà che non si riscontra nella
fantascienza (ma quale orribile definizione per quella che è una letteratura a sé stante,
con il suo mainstream e con la sua escape literature, con le sue varianti suspense e con
quelle più propriamente avventurose, le uniche, forse, che possono venire definite con il
neologismo — ma sarebbe meglio dire l’errore fantascienza; con i suoi sottoprodotti,
purtroppo con le sue converticole le quali ricordano, quelle si, nella loro rigidità e nei loro
continui rivolgimenti interni i cosiddetti circoli della letteratura corrente — ma anche Jan
Fleming, nel senso letterale della parola, fa parte della letteratura corrente), letteratura
giovane e ormai forte, ormai uscita da quella condizione di minorità imposta che le viene
attribuita da molti, con un’assiduità e un’insistenza spesso sospette. La mia terra bruciata
è un romanzo che, senza esagerazioni, si eleva al di sopra della media della letteratura
corrente (che sarebbe poi la più esatta interpretazione, non priva di una punta di malizia,
della parola inglese mainstreain, visto e considerato che stream significa anche corrente)
e che segna una nuova tappa nell’evoluzione della narrativa sociologica, in una fusione
ideale dei migliori classici di questo genere e delle raffinate invenzioni stilistiche e
psicologiche di Aldiss, non priva di toni agghiaccianti la cui intensità ricorda le migliori
pagine di Poe, di descrizioni nelle quali si può ritrovare un po’ della magica atmosfera di
Conrad, ma con l’aggiunta di toni esasperati e volutamente truculenti, mai però sforzati o
gratuiti. La genialità di Aldiss traspare da ogni pagina di questo affascinante romanzo. Ma
secondo noi raggiunge le sue massime espressioni nella descrizione degli incubi di Knowle
Noland. soprattutto in quell’undicesimo capitolo che è una vera gemma, un esempio di
equilibrio narrativo e di abilità stilistica, che da solo basterebbe a definire positivamente
un autore. Non possiamo ripetere quanto già detto in numerose occasioni a proposito di
Brian W. Aldiss. Basterà dire che, se Galassie come granelli di sabbia lo ha consacrato, per
quasi unanime giudizio della critica e del pubblico, tra i più grandi autori di science fiction
viventi, questo agghiacciante ,e affascinante La mia terra bruciata servirà a farlo entrare,
con Pohl, Simak, Sheckley, Asimov, Williamson, Van Vogt, Hamilton, Leiber e pochi altri,
nella ancor più ristretta schiera dei classici.
Tellini