Un americano del Connecticut alla corte di re Artù
Un Americano del Connecticut alla corte di re Artù, come molti altri capolavori di Mark Twain,
scaturisce da un’idea divertente e provocatoria; tuttavia, anche se non smarrisce mai il suo
carattere cinico e dirompente, l’opera si trasforma in qualcosa di più complesso e
affascinante, toccando una grande varietà di toni, profondi e riflessivi, cupi e beffardi.
Infatti, Hank Morgan, misteriosamente sbalzato nell’Inghilterra del sesto secolo, deve pensare
dapprima a salvare la pelle, perché chi se lo vede comparire di fronte non trova idea migliore
di spedirlo a marcire in qualche segreta; ma con l’aiuto del devoto Clarence, Morgan riesce a
compiere due autentici “miracoli” che rovesciano d’incanto la sua fortuna: accecare il sole
approfittando di un’eclisse e distruggere una torre con la polvere da sparo. Considerato
quindi un mago in grado di ridicolizzare perfino la grandezza di Merlino, Morgan è subito
nominato Sir Boss e si avvia a diventare primo ministro di Artù. E a questo punto non sa
resistere all’impulso di elargire tutta la grandezza e i benefici della civiltà del diciannovesimo
secolo, ma quello che risulta dall’impatto della “nuova” America sulla “vecchia” Inghilterra è
qualcosa di assolutamente imprevedibile e travolgente...
Viviani