Ospedale da combattimento
Vi sono, in science fiction come in altre letterature, autori che, pur non essendo dei
“grandi” sanno raggiungere, entro i loro limiti, un garbo e una godibilità qualche volta
preclusi a specialisti molto più celebri. E James White è uno di questi. James White è un
autore ancora giovane e decisamente fertile: si fece conoscere attraverso New Worlds, la
rivista che Ted Carnell diresse con sorti variabili per lungo tempo. Nel suo sincero e
indiscriminato entusiasmo per la fantascienza (sincero nei confronti di tutta la sf,
indiscriminato nei confronti di quella inglese) Carnell per molti anni pubblicò e incoraggiò
autori di indole e di valore disparatissimi. Qualche volta ebbe la illuminata preveggenza di
accogliere nella rivista testi che i più timorati editors americani consideravano con
titubanza per l’audacia dei loro assunti; spesso avallò davanti a un pubblico abbastanza
amorfo ed acritico scrittori importanti come Brian Aldiss, qualche volta andò
sciovinisticamente in estasi per autori cui — anche con la massima benevolenza — non è
possibile attribuire una qualifica superiore a “mediocre “: ma i meriti di Ted Carnell, ora
passato a dirigere un’interessante collana fantascientifica, restano comunque di gran
lunga superiori ai suoi tanti torti. L’incoraggiamento e la simpatia che Carnell dimostrò
sempre a James White furono tra i meglio riposti. Qualche volta White non riuscf a
produrre se non racconti di ordinaria amministrazione e romanzi piuttosto insipidi — non mi
riferisco a Second Ending, un romanzo breve di tutto riguardo — ma ebbe la fortuna e
l’abilità di fare “centro spaccato” con un rac conto poi divenuto famoso, in cui si
narravano le traversie di un certo O’ Mara, al quale era stato imposto di prendersi cura di
un “pupo” extraterrestre, ammalato, voluminoso ed esigente, durante i lavori per la
costruzione di un colossale ospedale spaziale. Questo racconto, apparso (manco a dirlo)
su New Worlds, ebbe un notevolissimo successo. White, lusingato dall’accoglienza dei
lettori e incoraggiato da Carnell, decise di continuare quel ciclo tanto promettente.
Promosse, con una certa fretta, l’energico e ingegnoso O’Mara maggiore dei Monitori e
capo psicologo della ormai ultimata Stazione Ospedale: poi, dopo averlo promosso, gli
affidò il ruolo di deuteragonista, mentre la parte del protagonista veniva assunta dal
dottor Conway, un giovane interno timido e complessato, spesso capace di idee geniali e
destinato a sua volta a una carriera folgorante. Alla vicenda di O’Mara alle prese con il
“pupo” hudlariano seguirono altri cinque racconti, nei quali Conway affrontava e risol vev
casi congegnati con intelligenza e con spirito: il problema del brontosauro cui era
necessario insegnare a teletrasportarsi, la collisione tra l’Ospedale Spaziale e una piccola
astronave, i guai tragicomici provocati da un visitatore extraterrestre impazzito per la
paura, le complicazioni causate da un paziente di specie sconosciuta e altre e
completamente diverse complicazioni causate da un altro e completamente diverso
paziente di specie sconosciuta.
Il successo si mantenne costante: anche perché White, quando si tratta di “inventare” un
extraterrestre, è secondo soltanto al grande Simak: non passò molto tempo, e il
racconto avente a protagonista O’ Mara e i primi quattro del vero e proprio ciclo di
Conway vennero raccolti in volume da Ballantine, con il titolo Hospital Station. Il falso
romanzo” fu pubblicato anche in Italia, proprio da Galassia, sdoppiato in due fascicoli che
ebbero rispettivamente i titoli di Stazione Ospedale e Settore Generale. Consigliato a
proseguire la serie, White decise di abbandonare la struttura ciclica del ‘falso romanzo,
così cara a ogni autore anglosassone che si rispetti, e decise di scrivere un romanzo vero
e proprio. Il risultato fu Field Hospital che apparve a puntate su New Worlds,
naturalmente, e che costituì il seguito logico del sesto racconto della serie, quel Resident
Physician non compreso nel volume Hospital Station (e pubblicato in Italia nella seconda
antologia Silva). Più tardi, Ballantine decise di pubblicare in volume anche questo
romanzo: Resident Physician venne premesso a Field Hospital, poiché ne costituisce il
necessario antefatto, sotto il titolo cumulativo di Star Surgeon: un titolo non troppo
originale, per la verità, poiché esiste per lo meno un altro romanzo fantascientifico...
omonimo. Ma, se il titolo non è molto originale, il romanzo lo è. Forse qui le trovate che
rendevano Hospital Station un incessante succedersi di fuochi d’artificio sono distribuite
con più scaltra economia, e ai problemi circoscritto nell’ambito del Settore Generale si
sostituiscono situazioni drammatiche di portata galattica e intergalattica, forse troppo
ampia per il garbo misurato di White, per la sua naturale ostilità nei confronti di e- venti
ciclopici e toni truanti alla van Vogt. Ma alcune trovate sono assolutamente irresistibili
(quella del “ medico residente “, ad esempio, o lo sfruttamento delle epidemie etiane, un
tema che White avrebbe forse dovuto ampliare scandagliandone più compiutamente tutti i
possibili risvolti satirici) e il convinto ottimismo dell’autore circa la fondamentale bontà
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