Incas. La scelta di Anamaya
Per i figli del sole ha inizio un rapido declino. E' l'oro a segnare la fine dell'impero Inca, non
i fucili e i cavalli dei 'conquistadores'. Quello che per il re Atahualpa e i suoi sudditi è solo
un metallo duttile e bello a vedersi, adatto a fabbricare monili, per gli spagnoli è una
ragione di vita, droga i sentimenti e distrugge ogni senso di umanità. Dal Nuovo Mondo gli
avventurieri agli ordini di Francisco Pizarro non intendono imparare nulla e, anzi,
impongono la loro logica di forza e di dominio, vecchia quanto l'impero romano, l'unica
logica del Vecchio Mondo. Accusato ingiustamente di tradimento, Atahualpa viene ucciso.
Gli succede Manco, che crede ancora possibile la pace tra la sua gente e gli uomini
bianchi venuti dal mare. E' Anamaya a convincerlo, e il sovrano, conquistato, la vuole alla
sua corte.
Ancora una volta la ragion di Stato prevale su tutto, e Pizarro ordina a Gabriel di non
incontrarsi più con Anamaya, per non contrariare il nuovo re dal quale si aspetta molto.
Non sono più soltanto le terre e l'oro a interessargli, infatti: la Corona di Spagna intende
convertire il Perù al cattolicesimo. E' la fine della Grande Illusione per chi, come Anamaya,
aveva avuto fede nella pace. Mentre gli Incas preparano la rivolta, la fanciulla incontra
Gabriel forse per l'ultima volta: presto il sangue scorrerà, dividendo per sempre i loro due
popoli.
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