Dance dance dance
È un giorno di marzo, al Dolphin Hotel di Sapporo, a. d. 1983. Alla radio suonano gli Human
League. E poi Fleetwood Mac, Abba, Bee Gees, Eagles... Uno strano mondo, questo,
dove tutto - o quasi - si può comprare. Dove le squillo di lusso si prenotano da un
continente all'altro per poi detrarle dalle tasse, dove lo sperpero di denaro dà nuovo
impulso all'economia. Cosí, per chi non ha voluto, o saputo, cogliere l'attimo e tuffarsi
nell'ingranaggio, le strade che rimangono sono tutte un po' tortuose.
C'è un giornalista free lance che ha perso molte cose nella vita, e ogni volta una parte di
sé. Cammina controvento, senza perdere lo slancio: forse, per mantenere la rotta, non gli
resta che lasciarsi andare alla deriva. C'è una ragazzina di tredici anni seduta da sola in
un bar. Bellissima e taciturna, in qualche modo imperscrutabile, è capace di percepire il
futuro e il passato. Ci sono una receptionist troppo nervosa, un attore dal fascino
irresistibile, un poeta con un braccio solo; e un salotto, a Honolulu, dove sei scheletri
guardano la televisione.
Esiste un collegamento fra tutte queste cose, un senso anche per chi ha perso
l'orientamento. L'unico modo per trovarlo è non avere troppa paura, e un passo dopo
l'altro continuare a danzare.
Vegetti