Frammenti di pensiero tradizionale ne Il Signore degli Anelli (2003)
Poche opere letterarie hanno determinato un interesse tale da superare il loro ambito
diventando un autentico fenomeno di costume. Una di queste è, indubbiamente, Il Signore
degli Anelli.
Dal momento della sua pubblicazione, il romanzo di Tolkien è stato amato dalle più
disparate correnti culturali, spesso in antitesi tra loro. Gli hippies, ad esempio, rivedevano
nel testo quel ritorno al rapporto uomo-natura che l'industrializzazione stava cancellando.
La cultura della destra, rappresentata in Italia dallo spiritualismo di Julius Evola, esaltava
le figure epiche del libro ed il mondo barbaro e pagano come rifiuto di quello moderno,
ormai massificato e senza ideali.
Il motivo di questo successo è certamente dovuto alle indubbie qualità letterarie del
testo, al fascino dell'avventura e dell'eterna lotta tra il Bene ed il Male.
Ciò dimostra che c'è ancora spazio per il mito e per i valori alternativi ad esso connessi nel
mondo di oggi, un mito che viene creato dall'autore nel momento stesso in cui lo
racconta e che utilizza linguaggi inventati e diversi per ogni razza, adeguati alle loro
esigenze e funzioni.
Chi scrive ritiene che il valore dell'opera del professore di Oxford sia così alto in quanto
essa si presta anche ad una lettura simbolica ed esoterica che la colloca nel solco della
grande cultura tradizionale del mondo occidentale.
Il Signore degli Anelli, infatti, narra la storia di un cammino iniziatico individuale e collettivo
che si compie in maniera trasfigurata e reale insieme. I personaggi della storia, siano Elfi,
Nani, Hobbit o Uomini, hanno un significato proprio ed inequivocabile che li pone nel
contesto con puntualità peculiare.
Bonazzi