Labirinti Castelli Giardini. Luoghi letterari di orrore e smarrimento
Quali sono i mostri che abitano la mente umana? Quanti di loro hanno trovato proiezione
all'esterno attraverso la scrittura, concretizzandosi nell'universo letterario? A queste
domande, muovendosi con agilità tra storia della letteratura, critica e ricerca
psicanalitica, cerca di rispondere Paolo Orvieto, con un saggio ampio quanto affascinante,
nella tematica non meno che nell'esposizione.
La ricerca abbatte ogni barriera cronologica e nazionale, spaziando dalla Bibbia
all'antichità classica, dal romanzo gotico a Poe, da Bram Stoker a Eco, a Stephen King. In
questo vero mare magnum di romanzi e racconti, Orvieto dipana un fitto reticolo di
citazioni, intessute intorno al tema centrale della sua ricerca: gli inquietanti luoghi di
clausura, di orrore e di perdizione. Tema antichissimo (basti pensare al labirinto di Creta
abitato dal Minotauro), esso rimane in realtà costante, sorta di immortale archetipo, fino
ad oggi; a cambiare sono invece i "motivi", gli elementi variabili, quelli insomma radicati,
d'epoca in epoca, nella storia, nelle paure e nei desideri del lettore. Risulta allora evidente
che dietro la fantasmagorica galleria di mostri da un lato, di luoghi dell'orrido dall'altro,
allineata in queste pagine, sta, fin dalle origini, la medesima fascinazione della mente
umana per l'orrifico e il perturbante, che trova modi sempre nuovi di rappresentare ciò che
turba e attrae al contempo. Possono cambiare, insomma, i mostri (la femmina idolo di
perversità, il vampiro; l'essere semianimale, il fantasma, l'alieno, ecc.) e i luoghi di
clausura (labirinto, castello, convento, sottosuolo, i bassifondi della metropoli, ma anche,
per Borges e Calvino, il testo-labirinto, ecc.), ma non tramonta il fascino morboso del
terrore.
Alle ultime pagine sono consegnate le risposte, con ausilio psicanalitico alle possibili
Bonazzi