Il dio nell'alcova. Otto storie del soprannaturale
L'Orrore e l'Arcano abitano in Italia da sempre. Sono i fondamenti di un'antica tradizione
che vive appena sotto la superficie dell'immagine solare della nostra penisola, tra i boschi
e le campagne. Un'antica tradizione che respira nell'ombra della nostra cultura
mediterranea, lì dove la storia degli uomini s'incrocia da sempre con i culti pagani, con le
antichissime credenze, con le vecchie "fole".
L'Italia è un paese di storie dimenticate e di scrittori che hanno smarrito l'arte di
raccontare, da più generazioni. E se la "colpa" del Genere è stata quella di non aver avuto
i padri fondatori (i "riferimenti" quali Poe, Lovecraft, Bradbury, Matheson, King che hanno
reso viva la letteratura dell'orrore in tutto il mondo), la colpa degli scrittori italiani che si
sono cimentati con il Genere è stata forse quella di non aver "studiato" a fondo, e di aver
cercato troppo a lungo solo nelle opere americane la lezione che molti maestri
d'oltreoceano hanno recepito in Italia: uno spunto di partenza per descrivere l'Orrore e
l'Arcano, per parlare delle nostre ancestrali paure, del buio, del sangue, del mistero e della
magia.
Elvezio Sciallis può a buona ragione essere considerato invece un autore attento (e
pertanto autentico), uno scrittore che sa ben guardare sia dentro che attorno a sé,
confezionando storie personali, sentite, in un certo senso vissute. Nei suoi racconti
l'introspezione più impietosa va a braccetto con un'analisi amara e disincantata della
società, e in fondo della realtà stessa. La famiglia, il lavoro, la casa, le abitudini, le
relazioni interpersonali... tutto partecipa a dipanare un arazzo avvilente, un paesaggio
tanto fittizio quanto precario, e basta poi ben poco perché Orrore e Arcano irrompano a
sfaldarne l'impalcatura. La quotidianità diviene lo specchio incrinato contro il quale il
malessere esistenziale che Sciallis avverte e seziona si fa motore profondo di ogni azione,
di ogni pensiero. Il disfacimento è in atto, tutt'intorno a noi; e sempre nuovi, ineludibili
fantasmi prendono forme e corpi dalle angosce che scivolano come un ordito nero sulla
trama delle nostre esistenze.
Eccellenti, intensi, gli affreschi macabri dispiegati per il lettore sullo sfondo di una terra,
quella ligure, che l'autore conosce e certamente ama, pur nell'evidente volontà di
distruzione e smantellamento intesi come estreme accezioni dell'amore. Esemplari in
questo senso appaiono racconti quali Ombre nella pioggia, con le sue raggelanti entità
para-lovecraftiane trapiantate sulla riviera, e Un gioco d'ombre, radicato nell'humus
sanremese al punto da proporre dialoghi in vernacolo; oltre naturalmente all'allucinante,
perversa avventura che dà il titolo alla raccolta.
Decisamente inquietanti, poi, gli spettri messi in scena con Eclisse totale di cuore,
Coda-Marine 475 (Barker apprezzerebbe molto) e Compagno di giochi: malvagità, follia,
desiderio, vendetta ribollono tra sogno e veglia, dove il 'sogno' sta paradossalmente per
l'illusione di vite inutili proiettate verso la consunzione, contrapposto alla 'veglia' che è
invece la devastante scoperta di quanto di più vero è celato tra le pieghe delle nostre
consuetudini. Con il macabro, fantascientifico A caccia, poi, l'autore innesta con originale
intuizione le mitologie classiche alle tematiche dell'ibridazione genetica; mentre con
Scavando nel fuoco ci regala un gioiellino nero che non sfigurerebbe tra le più sinistre
storie di Twilight Zone.
Eccentriche e sanguinarie, le ombre che si aggirano nell'immaginario di Elvezio Sciallis sono
moderne mostruosità figlie della decadenza dei nostri tempi, condanne incarnate che
tendono verso di noi i loro artigli bramosi... Ed è agghiacciante rendersi conto che, sotto,
non è poi così male ricambiare il loro abbraccio.
Bonazzi