| Territori della finzione. Il fantastico in letteratura |
| Leggere opere di finzione, secondo una famosa frase di Coleridge, significa sospendere |
| volontariamente l'incredulità, accettando ciò che succede nel testo come reale. Ma è lo |
| stesso accettare la "realtà" di Don Chisciotte o di Madame Bovary e quella di un vampiro? |
| E se qualcuno racconta di avere incontrato un vampiro gli possiamo credere? E quando chi |
| racconta la storia è il vampiro stesso? E ancora. Esiste una qualche parentela fra un |
| uomo che si trasforma in pesce, una statua vendicativa e un sogno che perdura nella |
| veglia? Perché sono così pochi i fantasmi che prendono la parola? E la parola non è essa |
| stessa una trappola? Che genere di insidie tessono allora i vuoti della narrazione? Queste |
| sono alcune delle domande sollevate dai testi che chiamiamo "fantastici", e alcune tra le |
| molte che questo volume propone, analizzando i meccanismi grazie ai quali il lettore |
| riconosce nel testo la creazione di un universo che contraddice la sua esperienza e, al |
| tempo stesso, richiede la sua adesione. Nella letteratura del novecento si disegna così lo |
| spazio in cui un fantastico determinato dai temi cede il primo piano a un fantastico che, |
| abbandonando fantasmi, sdoppiamenti dell'io e inversioni temporali, esplora le possibilità |
| inquietanti delle crepe fra il detto e il non detto. |
| Bonazzi |