Dialogo dei massimi sistemi
Perché Maria Giuseppa, «una cosa liscia, senza fianchi e senza petto», è morta per
Giacomo, giovane blasfemo? E che cosa nasconde il sogno di sangue di Rosalba,
«fanciulletta di forse dodici forse tredici anni»? Misteri landolfiani, aberrazioni, sub- e
surrealtà. E già affiorano, in questi racconti cui Landolfi affidò, nel 1937, il proprio esordio
letterario, le ossessioni che ne costelleranno tutta l’opera. Opera unica fin dal suo
sbocciare, se si pensa che il primo racconto letto dallo scrittore a un amico (e qui incluso)
descrive «la straziante morte di un topo e il suo folle funerale». Con Landolfi siamo subito
di fronte a testi giocati sul filo della realtà, che anzi hanno già valicato il crinale verso un
mondo altro, dove l’autore palesa la sua lunare ironia, nonché l’inclinazione costante a
esplorare la faccia velata e paradossale delle cose e dell’uomo. Non a caso Landolfi è
discepolo dei grandi maestri dell’Ottocento: gli amatissimi Gogol’ e Dostoevskij, ma anche
Edgar Allan Poe. E a quest’ultimo rimanda forse la tensione che percorre le pagine dei
sette racconti qui riuniti.
Virelli