Puck il folletto
«Il mio Demone era con me nei Libri della Giungla, in Kim e nei due libri di Puck» dichiara
Kipling nell’autobiografia. E dobbiamo credergli. Perché sono davvero le sue opere più
ispirate: prova ne sia che sono anche le più amate dai lettori di ogni età e di ogni epoca.
Nel caso di questa raccolta, a operare il miracolo è dunque Puck, piccolo fauno di
shakespeariana memoria, vecchio come il Tempo, capace di ricreare il Passato davanti agli
occhi di due fratelli, Dan e Una, che vengono così iniziati – celatamente – agli Arcani
dell’Impero, nella fattispecie quello britannico. Grazie alla potenza della sua magia
evocativa, in un trittico di racconti di rara epicità, vediamo in azione i centurioni romani di
stanza al Vallo di Adriano e i cavalieri della conquista normanna, assistiamo a una razzia
dei vichinghi sulle coste dell’Africa (seguita da una memorabile battaglia contro i gorilla per
il possesso di un tesoro) e allo struggente esodo delle Fate, il Popolo delle Colline,
dall’isola di Albione. Sono racconti bagnati da una grazia peculiare, dietro i quali, per
ammissione dello stesso scrittore, si nascondono echi e riverberi infiniti. Ma sono anche le
pagine con cui Kipling, l’infaticabile globe-trotter angloindiano, paga il suo tributo
all’Inghilterra, «il più meraviglioso di tutti i paesi stranieri dove sia mai stato». I racconti
qui radunati coprono un arco cronologico che va dal 1906 al 1910.
Virelli