Tre storie fantastiche
Il "piacere di narrare storie, e storie su altre storie" spinge Antonia S. Byatt a scrivere
fiabe, a inserire fiabe nei suoi romanzi, a costruire lunghi racconti fiabeschi come "Il genio
nell'occhio d'usignolo". Soddisfacendo così il bisogno primario di tradurre i sogni in
esperienza quotidiana tangibile seppure evanescente. Come sopravvivere altrimenti al
senso di perdita che ognuno sperimenta col trascorrere del tempo? Al passato che si
accumula alle nostre spalle, al futuro oscurato dal fiato incendiario dei draghi, Byatt
reagisce non spezzando artificiosamente il tempo reale, bensì inventando una fantasiosa
opportunità, quella di muoversi in compagnia dei propri fantasmi, di dar loro un corpo, per
quanto stravagante, indiscreto e inusuale esso potrebbe sembrare. Tre 'storie fantastiche'
narrate nel più classico dei modi, ma i cui protagonisti 'fuori del tempo' ci risultano
assolutamente contemporanei.
Virelli