Concerto rosso
A rendere irrinunciabile, dopo avere sogguardato le prime pagine di questo romanzo,
l’ulteriore immersione nella sua lettura sono molti elementi. Tanti che — così tutti insieme
— da tempo non si trovavano nello stesso libro. Un giallo magico (o mistico?) che non
rinuncia a un taglio paesaggistico severo e preciso, spalancandosi su una Torino che è si
quella anche arcana suggerita da certa stampa, ma rimane pur sempre la città industriale
che tutti conosciamo. Un libro, questo, che ha sullo sfondo le straordinarie ambiguità di
Julien Green e quelle inimitabili del Thomas Mann del Doctor Faustus. Quindi un’opera che
non si accontenta di mettere in pagina la trascinante avventura di un giornalista
musicologo, di farlo inciampare in alcuni enigmatici delitti, tra una folla di personaggi dove
spicca la fuggevole e sensuale figura della giovanissima Meli. Il protagonista, Alessio
Dotta, dietro il quale ciascuno potrà scorgere il musicologo che vorrà, s’inoltra in una
mirabolante macchinazione, dove l’inganno dei sensi, l’allargarsi delle porte della
percezione non fanno interamente saltare le cerniere della razionalità. Insomma il gioco in
cui è adescato Alessio non è mai gratuito: il suo inseguire, attraverso le loro tracce
artistiche e storiche, due dissimili personaggi settecenteschi, un musicista e un pittore di
smisurati e opposti talenti, diventerà una crudele e avvincente scommessa con il destino,
sulla lunghezza d’onda del drammatico, forse ineseguibile Concerto rosso di Giovan
Battista Rambaudi. Un inseguimento a ritroso nel tempo, una caccia all’assassino che si
tinge di non banali pennellate stregonesche, perché la posta è la vita, non quella
quotidianizzata, ma quella che barbaglia attraverso quinte improvvise spalancate in un
insospettabile tessuto urbano, tra ragazze-motocicliste, giornalisti dl routine, funzionari
radiofonici e altra gente senza, almeno all’apparenza, smalti particolari. Ma quando la
ruota della grande macchina prende l’avvio, e non solo in senso metaforico (si veda la
forsennata, rapinosa corsa in carrozza del grande finale), davvero non sappiamo più quali
siano i posti occupati da ciascuno, chi si celi anche sotto i panni più bigi. La scommessa
di Pier Luigi Berbotto, come si diceva, dopo che noi l’abbiamo accettata non ci dà tregua,
ci tramuta in un Alessio che a sua volta non sa più con sicurezza di essere tale,
scompiglia persino le nostre più accreditate certezze per suggerirci sublimità improbabili,
ma non poi tantissimo, garantendoci comunque un coinvolgente ed emozionante
Cottogni