Trilby o il folletto d'Argail
Nell’estate del 1821 Charles Nodier compie un lungo viaggio in Scozia, lasciandoci nella
Promenade de Dieppe au montagnes d'Ecosse un’appassionata, partecipe descrizione di
quella regione dove la sua sensibilità di romantico, tra Ossian e Walter Scott, aveva
ritrovato - scrive – “con un susseguirsi di impressioni nuove e vive, alcuni sogni della
giovinezza". Quei Iuoghi, le Highlands, faranno da sfondo l'anno seguente - il 1822 - al
racconto Trilbv o il folletto di Argail - per la prima volta ora in versione italiana, per la cura
di Paolo Fontana - pubblicato dall'editore parigino Ladvocat con il sottotitolo, appunto, di
Nouvelle écossaise.
Trilby è un folletto gentile, una divinità benefica che abita la casa della bella moglie del
pescatore Dougal, Jeannie. Compie devotamente i lavori domestici e, invisibile, veglia sulla
prosperità del focolare. Fino a quando i monaci di Saint Colombain non pronunceranno
contro di lui le formule rituali dell'esorcismo, condannandolo ad un esilio di mille anni. Con
lui scompariranno il benessere, l'allegria e la gioia di tutti i giorni. Ma Trilby tornerà ad
abitare i sogni di Jeannie, sotto le sembianze di un giovane guerriero scozzese. L'esilio di
Trilby durerà ancora a lungo? Riuscirà a spuntarla sull'inflessibile monaco Ronald, come
Ariel, il genio shakesperiano dei venti, sul rude Calibano? Fino a dove giungerà lo
smarrimento di Jeannie, divisa tra il dovere e una passione proibita? Sotto l’apparenza di
un lieve racconto di folletti e di fate, Nodier rinnova qui il tema eterno del Diavolo in
amore e ci invita a cedere senza indugi alle vertigini dei sogni. Ciò che lo interessa è la
straordinaria capacità della passione di trasportare gli animi nelle spirali di un’altra
dimensione. E la costruzione stessa del racconto trascina il lettore in un gioco infinito di
echi e rimandi.
Bonazzi