Notturni
«Il diavolo stesso non saprebbe scrivere nulla di così diabolico». scriveva nel 1822
Heinrich Heine, e ancora oggi questo giudizio sembra indissolubilmente legato ai racconti di
E.T.A. Hoffmann. Vere e proprie «pitture in prosa» ispirate alle rappresentazioni barocche
di Salvator Rosa o alle cupe atmosfere del night-piece inglese, i Notturni hoffmanniani
sono dominati da uno stridente contrasto tra scenari tenebrosi e improvvisi squarci di
luce, un contrasto che genera un'esemplare poetica dello shock, delineando al contempo
l'inquietante immagine di una realtà in cui gli uomini soccombono a forze sconosciute
dietro le quali si profila il potere manipolatore della tecnica. In particolare nel primo di
questi Notturni, il celeberrimo L'uomo della sabbia, la narrazione hoffmanniana raffigura
esemplarmente l'aggressione e la sperdonalizzazione che l'individuo subisce a opera della
tecnica; qui davvero si esprime in sommo grado quella trasformazione della notte in
metafora della realtà moderna che ha fatto considerare Hoffmann il massimo esponente
del romanticismo «gotico» o «nero».
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