| Daimon |
| Nell'atlante ideale delle cittadelle fantastiche, Labùia si colloca non-so-quando e |
| non-so-dove. La vita vi scorre monotona lungo i binari del rito. Mastro Jockan, il signor di |
| Labùia; Devi, la sua compagna; la Storico, guardiano dell'ortodossia; i guerrieri e Ì servi; |
| le Animalità sacre e profane: tutti i personaggi e le comparse di Labùia si muovono |
| secondo un copione fisso, immutabile, codificato. Ma a un certo punto qualcosa si spezza |
| nella trama immobile del Tempo, qualcosa accade. E allora tutto viene rimesso in |
| discussione. In che misura l'ortodossia riflette la realtà? E quale delle molte possibili è la |
| realtà? La volontà di comprendere di Mastro Jockan è umana, ma trova il suo limite nella |
| volontà «divina» di Daimon, il misterioso dio di questa cittadella-universo. Con Daimon |
| Gianni Montanari ha costruito un trittico di vasto respiro sul possibile destino dell'umanità, |
| riuscendo a far scaturire dall'iterazione della vita quotidiana a Labùia un quadro allucinato |
| e angoscioso. I «generi» della fantascienza, della fantasy e dell'utopia negativa si fondono |
| in questa che è la più convincente prova italiana di letteratura fantasy-new wave. Ma il |
| fantastico, in questo caso, non serve per evadere dal presente (o dal passato, o dal |
| futuro), ma per riflettere, attraverso il filtro del passato e del futuro, proprio sul nostro |
| presente. |
| Cottogni |