| Claire Lenoir |
| La prima versione di Claire Lenoir uscì a puntate in “Revue des lettres et des arts” nel |
| 1867; venti anni più tardi, notevolmente rimaneggiato, il lungo racconto - che si propone |
| qui nella nuova traduzione di Idolina Landolfi - fu inserito da Villiers nella raccolta Tribulat |
| Bonhomet. Ne è protagonista una gentildonna dal nome altamente simbolico: Claire Lenoir |
| è cieca alla felicità del mondo (i suoi occhiali dalle spesse lenti sono motivo ricorrente |
| della narrazione), ma vede chiaro nelle cose dell’aldilà. Un dono che in ultimo le costerà la |
| vita, perché proprio attraverso i suoi occhi avrà luogo l’insana, impossibile vendetta |
| postuma del marito. |
| Tra conversari pseudo-filosofici e solenni castronerie - soprattutto per bocca del dottor |
| Tribulat Bonhomet, sedicente scienziato e borghese ineffabile, grottesco campione di un |
| illuminismo dell’ultima ora (“ma dei Tribulat Bonhomet siamo tutti noi” ebbe a scrivere |
| Villiers ad un amico) - l’autore mette in scena uno dei suoi racconti più foschi e più |
| celebrati, che alla beffarda ironia, al gioco divertito delle parti affianca la vera |
| inquietudine di uno sguardo spinto oltre la ‘soglia’, in quei reami che coi suoi studi esoterici |
| diuturnamente sondava, e che forse con la sola penna è riuscito a tratti ad attingere. |
| Bonazzi |