| Smarra. I demoni della notte |
| “Smarra, il mostro, schizza dalla sua mano ardente come il disco del discobolo, gira |
| nell’aria con la rapidità di quei fuochi d'artificio che vengono lanciati dalle navi, stende le |
| ali, sale, scende, diventa più grande, rimpicciolisce e, come un nano deforme e allegro le |
| cui mani sono armate di unghie di un metallo più fine dell’acciaio, che penetrano Ia carne |
| senza lacerarla e bevono il sangue come la ventosa insidiosa delle sanguisughe, si attacca |
| al mio cuore, si srotoIa, solleva l’enorme testa e ride. Invano il mio occhio, fisso per il |
| terrore, cerca nello spazio che può abbracciare un oggetto che lo rassicuri: i mille demoni |
| della notte accompagnano lo spaventoso demone del turchese. Donne rinsecchite dallo |
| s.guardo sconvolto; serpenti rozzi e viola che Ianciano fuoco dalla bocca; lucertole che |
| alzano, sopra un Iago di fango e di sangue, un viso simile a quello dell’uomo; teste appena |
| staccate dal tronco dalla scure del soldato, che mi guardano con occhi vivi e scappano |
| saltellando su zampe di rettili...” |
| Un magistrale racconto ‘nero’, mai tradotto prima d'ora in lingua italiana, di un |
| letteratissimo creatore di incubi, virtuoso sperimentatore del genere fantastico alle sue |
| origini (la prima edizione francese dì “Smarra” risale aI 1821), “una specie di Borges del |
| diciannovesimo secolo”. |
| Bonazzi |