Storie marziane
Questo è il numero natalizio della nostra rivista (con un ghiottissimo boccone per tutti gli
appassionati: il magnifico ciclo marziano di Leigh Brackett, una firma che molti lettori ci
hanno richiesto con insistenza), e ci pare pertanto opportuno un discorso riassuntivo sulle
scelte e la politica generale dell’anno che volge al termine. Come scrivevamo
nell’editoriale del n. 21 del Bollettino dello SFBC, il nostro intento è stato quello di
presentare lavori e firme al più possibile nuovi. Entrando, più d’un anno fa, nella redazione
della rivista, abbiamo pensato che bisognava smuovere un po’ le acque; cercare di
presentare al pubblico italiano le nuove tendenze della fantascienza, che sono state
estremamente varie ed interessanti in tutto il mercato mondiale. Questa idea ci pare
obiettivamente ed onestamente d’averla rispettata: se vogliamo fare qualche nome,
citiamo Harness (un autore dimenticato che ha ottenuto clamorosi consensi tra i nostri
lettori, e che adesso anche la ‘concorrenza’ mette in rilievo); K. M. O’Donnell; Panshin;
Disch; Moorcock; Delany (altro autore veramente eccezionale, che presto ritroverete al
meglio di sé su queste pagine). Per onestà vogliamo comunque sottolineare un fatto: i
lavori di Dick, Heinlein, Norton, Hamilton, Simak, Silverberg e il Dare di Farmer sono stati
scelti da Ugo Malaguti. Operando nel senso detto sopra, ci pare d’aver raggiunto anche
un altro risultato: d’aver cioè ottenuto una rigorosa alternanza dei generi, passando
dall’opera sperimentale a quella classica, dal romanzo sui paradossi temporali a quello
dichiaratamente d’evasione. I lettori ci hanno reso atto della cosa, e ne siamo lieti; ci
pare in ogni caso che questa da noi adottata sia una soluzione soddisfacente per tutti. Il
giudizio complessivo del pubblico sulle nostre scelte è stato assai vario: chi ci ha
apertamente insultati, e chi ci ha portati alle stelle; chi ci ha capiti, chi no. Vorremmo
comunque rilevare che la situazione accenna a sbloccarsi solo al momento attuale: i primi
mesi della nostra attività sono stati contrassegnati da un pressoché totale silenzio dei
lettori. Le poche lettere che arrivavano (ne fa fede il Bollettino) contenevano giudizi
assolutamente drastici, il più delle volte campati per aria o comunque non suffragati da
ragioni concrete. E questa è una cosa che ci dispiace veramente: noi non vogliamo
ricevere solo elogi, non vogliamo sentirci dire di aver compiuto scelte mirabolanti; siamo
pronti ad ammettere i nostri errori. Solo che vogliamo e possiamo farlo esclusivamente
sulla base di discorsi realmente critici, non su opinioni personali i cui moventi ci risultino
forzatamente oscuri. Non stiamo facendo della retorica: siamo due persone oneste, ci
piace dire la verità. Così invitiamo molto cordialmente il nostro pubblico a farsi vivo con
sempre maggior forza, a scriverci su tutto quello che va o che non va; e promettiamo di
non lasciar cadere nessun argomento, cosa che del resto abbiamo fatto sino ad oggi.
Prospettive per il futuro? Le linee generali resteranno le stesse: perché a noi interessa
stimolare la discussione, accendere magari la polemica (la sana polemica letteraria,
intendiamoci bene, non le beghe da quattro soldi), fare insomma qualcosa di nuovo. Non è
senza orgoglio che noi guardiamo l’annata passata: accanto a qualche scivolone,
abbiamo fatto esattamente quello che era nelle nostre intenzioni; e Galassia 1970, bene o
male, sarà sempre una creatura nostra (per le scelte che ci riguardano, ovviamente), e
magari sarà uno dei ricordi più belli di tutta la nostra esistenza. Come speriamo per il 1971
e per molti anni a venire. Un’ultima parola, prima di passare all’introduzione a Coming of
the Terrans, ci sia consentito dedicarla a Destinazione Uomo. L’antologia italiana è stata
apprezzata dal pubblico e favorevolmente recensita: una sola lettera di commento
sfavorevole, in confronto a parecchie altre positive. L’invito a ripetere l’esperimento ci è
stato rivolto da più parti, e possiamo ragionevolmente annunciare l’uscita della prossima
antologia per i primi mesi del prossimo anno. Sempre nella speranza che si arrivi alla
creazione di un vero e proprio mercato italiano, dato che i nostri autori hanno tutte le
capacità per diventare seri professionisti; e che si sfatino definitivamente tutti quei
pregiudizi che purtroppo ancora esistono, derivanti soltanto da malintesi ed iniziative
errate. Ed ora veniamo ad Avventure Marziane, il volume che conclude questa annata cosi
fitta di novità. Per l’occasione abbiamo un autore classico e ben conosciuto, e un
romanzo-antologia in cui il protagonista dominante è il rosso pianeta che ha fornito
ispirazione a tanti scrittori di sf. L’accostamento del titolo con quello del capolavoro di
Bradbury non è stato casuale, ma dettato dal contenuto stesso dell’opera. I cinque
racconti che la compongono sono stati scritti negli stessi anni in cui Bradbury poneva
mano alle sue Martian Chronicles ed è possibile che reciproche influenze abbiano avuto il
loro peso nella stesura di entrambe le raccolte. I racconti della Brackett hanno certo una
maggiore propensione per l’avventuroso, ma ciò non ne intacca minimamente il valore, in
quanto questa avventura compone solamente lo sfondo sul quale si muovono personaggi
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